Quanto vale realmente il Motorsport in Italia?

La ricaduta economica sul PIL italiano delle aziende del Motorsport. Filiera di eccellenza riconosciuta a livello globale.

IndustryARC stima che il mercato globale degli sport motoristici dovrebbe superare gli 8,55 miliari di dollari entro il 2025, espandendosi con un tasso di crescita composto (CAGR) di circa il 10% annuo durante il periodo 2020-2025, con una stima ritoccata al ribasso a causa degli effetti negativi della pandemia da Covid-19.
Tali valori sono stimati sulla base di dati storici come trasmissioni televisive o canali Pay per View, l’emissione di biglietti, la spesa pubblicitaria, intesa anche come sponsorizzazione, le quote di iscrizione versate alle commissioni sportive e agli organizzatori di eventi, senza dimenticare il valore generato dal merchandising.

La crescita del Motorsport, rispetto ad un valore di mercato che globalmente era pari a 4931 milioni di dollari nel 2019 può essere attribuita principalmente all’aumento della spesa pubblicitaria e delle sponsorizzazioni automobilistiche.

Piattaforme social come Facebook (compreso Instagram) e Twitter sono diventati strumenti pubblicitari sempre più diffusi tra le case automobilistiche per attrarre ancor più spettatori e trainare sempre di più il mercato.
Inoltre tali piattaforme social, a supporto delle trasmissioni televisive, hanno contribuito in modo significativo all’aumento della domanda di eventi motoristici in tutto il mondo.

Un fattore di crescita di mercato è attribuibile anche all’introduzione della Formula E, garantendo un nuovo afflusso di pubblico sensibilmente più giovane e più attratto da questo tipo di competizioni.

L’Europa occupa una posizione chiave nel mercato mondiale del Motorsport rappresentando la quota maggiore a livello di ricavi, attestandosi ad un 46%, dovuti sia alla presenza massiccia sia di produttori di autovetture, che di eventi motoristici.

Il Regno Unito è sede per quasi tutti i più importanti Team del Motorsport, sopratutto legati alla Formula 1 e riveste il ruolo di principale player del mercato a livello europeo.
Infatti la filiera inglese del Motorsport ha generato un volume di affari di oltre 3,6 miliardi di euro nel 2019. L’associazione delle aziende britanniche, la Motorsport UK, dichiara che il Regno Unito ha prodotto esportazioni per quasi 1 miliardo di euro, impiegando circa 38.000 lavoratori a tempo pieno e part-time per altri 100.000.

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E l'Italia che ruolo svolge in tutto questo scenario globale?

Rispondere a questa domanda dovrebbe essere apparentemente semplice, sapendo che siamo storicamente patria di iconici marchi automobilistici, riconosciuti in tutto il mondo e spesso nati in quella terra di Romagna, Terra dei motori.
Anche perché ormai forse fanno parte di quel mercato del lusso, dove la sola Italia copre il 40% della produzione mondiale.

Invece l’unica informazione che si può ritrovare è quella di Anfia Motorsport, che dichiara che la filiera italiana del Motorport è la seconda in ordine di importanza e non lo si stenta a credere. Sebbene tale associazione sia di costituzione piuttosto recente, non rappresenta tutti i principali attori coinvolti nel Motorsport italiano e non divulga alcun dato a livello di valori economici generati dai loro associati.

Nonostante il settore dell’automobilismo e di conseguenza del Motorsport generi ogni anno numeri importanti e si trovino innumerevoli fonti di informazione, sapevo che avrei avuto difficoltà nel reperire dati puliti.
Ovvero tutti quei dati, quelle informazioni specifiche di un determinato settore merceologico non aggregati o sporcati da altri dati di altri settori.
L’Osservatorio sulla componentistica del 2019 ci dice che il settore industriale dell’Automotive nel suo complesso conta in Italia 258mila addetti (di cui 162mila diretti), pari all’11,3% del manufacturing e il fatturato vale il 5,9% del PIL.
Ho già scritto qui quanto sia intrecciato il Motorsport con altri settori merceologici, tanto che i dati di questo settore si fondono con quello turistico, con quello sportivo, con quello della produzione automobilistica.

In realtà quando si affronta una ricerca del genere, bisogna dare risposta a domande apparentemente banali come:
“Quanti sono in Italia i Team, le scuderie?” Centinaia, migliaia…
Impossibile saperlo. Perché alcune sono Associazioni sportive, altre sono Società, altre sono Ditte Individuali.
Alcune si occupano solo di gestione vetture e piloti, altre organizzano eventi e manifestazioni.
“Quanti sono i tracciati di gara in Italia?”
Tra permanenti, semi-permanenti e temporanei, dai maggiori ai minori di tutte le discipline degli sport motoristici, quindi automobilismo, motociclismo e motonautica.

Per comprendere la complessità di ricerca delle informazioni basti pensare alla mole di attori coinvolti nella costruzione di un solo mezzo da competizione.
Dall’azienda produttrice del telaio, a chi produce il motore, i singoli componenti interni, ma anche elementi compositi della carrozzeria, l’assetto, i freni, la strumentazione, gli elementi di sicurezza, ecc.

Quante aziende sono coinvolte nella produzione di questi componenti?

Quante sono le aziende coinvolte in tutti quei materiali di consumo come gomme slick, lubrificanti, additivi e benzine speciali?

Non dimentichiamo poi gli attori coinvolti nella realizzazione di componenti per l’utilizzo di un mezzo da competizione sui campi di gara e tutta l’attrezzatura necessaria al pilota e al suo team, che deve lasciar spazio a sponsor, partner tecnici e semplici sostenitori.
Ma un mezzo da competizione è il punto di convergenza anche di addetti stampa, marketing manager, ingegneri di pista, tecnici di collaudo, carrozzieri, prototipisti. E con mezzo da competizione non mi riferisco solo alle quattro ruote, ma anche alle due.

Il Motorsport ha sempre generato un enorme indotto, non solo legato al merchandising dei fans o ai lavoratori impiegati nei singoli evento, ma soprattutto in termini di ricaduta turistica.

Il mio cruccio era quindi determinare il valore economico del Motorsport in Italia e più indagavo più le informazioni diventavano evanescenti. Impossibili da riassumere.

Quante aziende sono coinvolte in Italia in questa filiera, una delle più importanti del mondo?

Filiera di eccellenza riconosciuta a livello globale. 

Quant’è la ricaduta economica che genera sul PIL italiano?

Anche in un settore del Motorsport come il Karting, dove l’Italia la fa da padrone a livello mondiale e riveste una posizione quasi monopolista, ogni produttore si muove autonomamente.
Tipicamente italiano, aggiungerei, con un pizzico di polemica.

Storicamente le imprese italiane, proprio perché non hanno saputo fare squadra tra loro, hanno innalzato il livello qualitativo ed esasperato la competizione per il prodotto migliore.

Figuriamoci nel Motorsport, una gara nella gara.
Ma questo è un altro discorso.

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Partiamo allora da quella Terra dei Motori, che nel 2016 da vita al progetto Motor Valley, con la finalità di raccogliere e valorizzare tutte le realtà di quel territorio e promuovere la cultura del motore.
Nel 2019 i visitatori totali di musei e collezioni (867.000) unitamente agli spettatori degli eventi che si svolgono negli autodromi (1.180.000), hanno superato 2 milioni (2.047.000) di cui, il 46% italiani e il 54% stranieri.
Il Motor Valley Fest, nella sua prima edizione, ha raccolto oltre 70.000 visitatori.
L’Osservatorio Turistico della Motor Valley stima che la ricaduta economica nei musei e collezioni abbia raggiunto i 150 milioni di euro tra Bologna e Modena.
Stima che l’impatto economico solamente delle attività dei circuiti di Misano ed Imola sia superiore ai 170 milioni di euro.
Lo stesso Osservatorio della Motor Valley ci dice anche che in un territorio che corre da Parma a Rimini, ci sono 16.500 aziende, 66mila addetti e un export di 5 miliardi l’anno.
Eventi strettamente motoristici come l’E-Prix di Roma del 2019, grazie ad uno studio di Sgm Insight (società inglese), si stima abbia generato una ricaduta economica sulla capitale superiore ai 62 milioni di euro. Mentre il doppio gran premio di Misano 2020, nonostante le affluenze più basse a causa della pandemia, ha generato un indotto di 13,5 milioni di euro sul territorio della riviera romagnola.

E stiamo sempre parlando di Turismo, non di valore economico o dati di produzione del Motorsport.

L’Osservatorio della Componentistica Automotive nel 2019, dopo un’operazione di pulizia di dati, ci dice 2.207 imprese compongono l’attuale universo della componentistica automotive italiana. Di queste il 4,6% è totalmente specializzato nel Motorsport e che il 96,1% è localizzato in una sola regione.

Questo perché le aziende del Motorsport sono spesso realtà produttive di piccole dimensioni e assumono quasi la connotazione di modelli territoriali distrettuali ed altamente specializzati.

Anche questa è una caratteristica prettamente italiana che trova le sue radici storiche in un modello produttivo artigianale.

Un mondo composto da 102 imprese che ha generato nel 2018 un fatturato di 858 milioni di euro con una variazione positiva del 7.7% rispetto il 2017 (797 milioni di euro), grazie all’impiego di 3463 addetti rispetto 3267 del 2017 (+ 6,0%).

Numeri ben lontani da rappresentare tutto il Motorsport italiano, perché legati alla mera produzione di componentistica specifica.

Veri assenti o impossibili da scorporare dai loro bilanci, i dati di aziende produttrici come Brembo, che seppur impegnate nel Motorsport, hanno intere linee produttive dedicate alla prima installazione o all’aftermarket.
Stesso dicasi per colossi distributivi come Motorquality, per citare un marchio storico ad altissima vocazione nel Motorsport, quotidianamente impegnati nella distribuzione di ricambi ad uso non agonistico.
Numeri che non raccontano realtà come OMP che si è conquistata la posizione di leader mondiale nel settore delle attrezzature di sicurezza negli sport motoristici, grazie ad azioni espansive come l’acquisizione di Bell Helmets, in quel territorio statunitense primo mercato al mondo per il Motorsport.

Aziende che hanno sviluppato tali capacità proprio perché operano in uno dei settori più competitivi al mondo e in un territorio, come quello italiano, che per le sue inefficienze strutturali, rende spesso la competizione con l’estero, ancor più impegnativa. Capacità che si trasformano in resilienza, in un momento di profondo cambiamento per il Motorsport, dovuto a quel processo di elettrificazione di tutto il settore automobilistico e ad un cambio generazionale che vuole vivere l’esperienza del Motorsport in modo coinvolgente e non essere mero spettatore.

Un momento di rivoluzione per il Motorsport che deve necessariamente iniziare ad abbracciare nuove tecnologie, nuovi processi produttivi e competenze estranee alla stessa filiera o più in generale dell’Automotive.
Una filiera che per quanto in salute ha la necessità di ripensarsi, di aggregarsi o associarsi in modo collaborativo tra tutti gli operatori del settore, come non è mai stato finora, per vincere questa nuova “competizione”.

Un preciso momento storico dove le spinte al cambiamento possono essere i fattori determinanti per scovare nuove opportunità di mercato. Si potrebbe pensare che tutto questo è ad appannaggio dei soli grandi player di mercato quando, in realtà, proprio le aziende più piccole possono essere più dinamiche nell’affrontare nuove sfide e radicali cambiamenti produttivi.
Sicuramente gli imprenditori di queste aziende dovranno avere la capacità di saper investire ancor più in ricerca e sviluppo, sebbene il Motorsport sia il settore con il maggior tasso di investimento in ricerca.

Fondamentali per questo passaggio saranno processi di digitalizzazione massiva, di comunicazione multicanale proprio per coinvolgere quelle nuove generazioni che attualmente sembrano così lontane dal Motorsport. Infatti i più giovani sono estremamente affascinati dal lato sportivo, competitivo del Motorsport, meno dalla sua accessibilità limitata a pochi giorni all’anno in eventi esclusivi e dai costi spesso inarrivabili.
Se un tempo ci si accontentava di essere spettatori e di acclamare i vari piloti, le nuove generazioni vogliono essere parte attiva.
Ecco spiegato lo spopolare dei Sim Racing, ovvero la più reale simulazione di guida di una automobile o altro mezzo da competizione.

Bastano poche ricerche in rete per comprendere la dimensione di questo fenomeno. Una versione virtuale delle corse reali, con tanto di team, sponsor, tecnici, piloti e preparatori atletici. Un fenomeno in continua crescita che sta coinvolgendo anche team e piloti tradizionali e che sta attraendo interesse ed investimenti anche da parte di aziende storiche del Motorsport. (Il 43% degli appassionati di Motorsport sono anche appassionati di ESport, Dati Nielsen).

Questo non significa che il Motorsport per come lo conosciamo, debba diventare un fenomeno sempre più esclusivo e di nicchia o tramutarsi in un qualcosa di totalmente virtuale, anzi.

Il Motorsport deve rinnovarsi sapendo coinvolgere queste nuove realtà, trovando punti di convergenza ed unione. Solamente queste possono essere le chiavi per dare maggior valore, non solo economico, al Motorsport.

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